Serragli & caravan
serràglio1 s. m. [lat. tardo serracŭlum, der. di serrare: v. serrare]. –
1. a. ant. Riparo, sbarramento di riparo o di difesa; in partic., chiusa di canne o di pali di legno fatta nei fiumi, nei laghi o nelle lagune, e disposta in modo tale che i pesci, una volta entrati, non possano più uscire.
b. Nelle valli da pesca, particolare tipo di peschiera costituito da fossi paralleli (larghi 6-8 m) divisi da terrapieni, destinato al temporaneo soggiorno (in media due mesi) del pesce da semina, per assuefarlo alla qualità delle acque della valle.
c. Chiusura, serramento, in genere. Di qui, prob., la locuz. gassa a serraglio, che, nel linguaggio marin., indica il nodo (detto anche nodo d’anguilla) con cui si allaccia saldamente una cima a un’asta o a una trave.
2. Raccolta di animali feroci, o comunque rari e non domestici, tenuti chiusi e ingabbiati, avente lo scopo principale di attirare la curiosità e di divertire: il s. del circo.
serràglio2 s. m. [dal turco saray, propriam. «edificio, palazzo»; il sign. 2 si è sviluppato in Italia (e di qui è passato ad altre lingue europee) per accostamento a serraglio1]. –
1. Residenza dei sovrani e potenti del mondo islamico, composta in genere di varie costruzioni destinate ad usi diversi, distribuite in un vasto giardino cintato, aventi ora carattere di padiglione, soprattutto per gli ambienti di rappresentanza, ora consistenza di edifici di abitazione (appartamenti del principe, della famiglia, dei dipendenti, delle guardie, ecc.) o di servizio (cucine, scuderie, depositi, ecc.): il s. di Istanbul.
2. In Occidente il termine si usa anche come sinon. di harem, per indicare la parte della casa musulmana riservata alle donne e ai bambini, dove non può entrare nessun estraneo: Il ratto dal s., titolo (in ted. Entführung aus dem Serail) di un’opera buffa di W. A. Mozart, del 1782, che narra la liberazione di una giovane spagnola, Costanza, rapita dai pirati e prigioniera nel serraglio o harem del pascià dei Turchi.
caravan ‹kä′rëvän› s. ingl. [lo stesso etimo dell’ital. carovana] (pl. caravans ‹kä′rëvän∫›), usato in ital. al masch. (e pronunciato comunem. ‹kàravan›). – Termine corrispondente al fr. roulotte, con cui, nell’uso ital., concorre.
carovana (ant. caravana) s. f. [dal persiano kārwān]. –
1. a. Compagnia di viaggiatori, con bestie da soma e mercanzie, che, soprattutto nei secoli passati (oggi sempre più raramente), si univano per intraprendere assieme una traversata in zone deserte o troppo malsicure e disagevoli per il viaggiatore isolato.
b. Denominazione data, nei corpi d’operazione coloniale, alle colonne di approvvigionamenti e rifornimenti.
c. estens. Complesso di carri di girovaghi, fila di vetture, moltitudine di persone che si muovono in fila, e sim.: una c. di zingari; la c. del circo; una lunga c. di turisti; scherz.: sono arrivati i nostri cugini con tutta la c. dei loro figli.
d. Nel linguaggio del giornalismo sportivo, il complesso delle squadre dei corridori, dei dirigenti, della giuria, dei meccanici, dei giornalisti e degli automezzi pubblicitarî, ecc., che in un giro ciclistico a tappe costituiscono il gruppo dei concorrenti e del seguito.
2. Anticam., il servizio marittimo che erano tenuti a fare i cavalieri di Malta e di S. Stefano; di qui l’uso fig. dell’espressione fare la c., percorrere la lunga strada per imparare un mestiere, fare il tirocinio, e sim.: lo conosce [il mondo], cugino mio, quanto voi: non è vero, padre? Dica, dica se non ha fatta la sua c.? (Manzoni).
3. Carro chiuso, con pareti in legno e copertura in lamiera, che costituisce l’alloggio del macchinista addetto a lavori di cilindratura stradale.
4. Organizzazione di tipo cooperativistico tra facchini o scaricatori, spec. portuali.
[ da Treccani.it ]
[In copertina foto aerea di Stalingrado (1941/42) conservata negli archivi federali tedeschi]